Asterix di René Goscinny e Albert Uderzo

 

La traduzione

Per apprezzare Asterix basta leggere una qualunque delle sue avventure, in francese, naturalmente. Per aver voglia di conoscere Goscinny, al fine di dargli un pugno sul naso, per la rabbia, basta provare a tradurre la stessa avventura in italiano. Si perché, uno dice: “Io al liceo traducevo Rimbaud e Baudelaire, cosa vuoi che sia Asterix…” Centomila volte più facile tradurre “Le bateau Ivre”, almeno nessun personaggio si chiama Pardessus. Oddio quante storie, ci si sente rispondere. È vero, c’è qualche gioco di parole, ma pensa a Nanni Svampa che traduce Brassens [famosissimo cantautore francese, un De André d’oltralpe, N.d.R.], o a Herbert Pagani che si occupa di Brel [altro famosissimo cantante e poeta francese, N.d.R.]… loro si che hanno avuto delle difficoltà.
Allora l’odio per Goscinny aumenta, di pugni sul naso si cominciaa pensare di dargliene due, alla prima occasione. Infatti oltre a Pardessus, a due pagine di distanza si trova Coupdetric, Ienenpeuplus [non ne posso più, N.d.T.], Passemoilcric [Passami il cric, N.d.T.], ecc. a centinaia. Solo per parlare dei nomi dei personaggi minori, insisto, minori!!
Già, perché a Goscinny piace il calembour. Gli piace molto. Moltissimo.
Io credo che una storia di Asterix nasca così: un lungo elenco di giochi di parole e poi uno sforzo per cercare di impiegarli tutti nel più breve tempo possibile.
E Goscinny ci riesce, li impiega tutti, e ne adopera qualcuno in più perché certe tavole gli sembrano troppo vuote… (i pugni sul naso adesso sono tre).
Inoltre Goscinnyè francese. Scrive in francese. E il francese ha tutte, o quasi, le parole che terminano in consonante. E l'italiano no. E a me questo fatto fa rabbia. Molta rabbia. Perché tutte le volte che si tenta un gioco di parole bisogna ricorrere ad artifici che falsano lo spirito dell’autore. Ad esempio torniamo a Pardessus: significa soprabito [o anche “per di sopra”, N.d.T.] ma finisce in us, che è proprio la desinenza del nominativo latino, in italiano possiamo tradurre “Soprabitus”, ma già abbiamo perso una sia pur piccola parte del divertimento.
Altro esempio: Abraracourcix! Significa “a braccia conserte”, perciò pigro. Come lo volete tradurre? Lazzaronix? Non occorre, mi pare, fare dei commenti. Più volte si e pensato di lasciare almeno i nomi invariati. Ma questo consente solo di perdere metà del divertimento, senza nessun apprezzabile risultato di fedeltà nella traduzione.

Un ultimo esempio sul calembour; Asterix si rivolge al capo del villaggio dicendogli: “Salut, grand chef De Gaulle ”, che in italiano potrebbe suonare “Salute gran capo Leone” [Oggi si direbbe Ciampi! N.d.R.] che non fa ridere nessuno. O sì?
Ma a parte i nomi, la grossa difficoltà della traduzione di Asterix in italiano sta, oltre che nella costituzionale differenza tra le due lingue, che ho cercato di mettere in evidenza, e che comunque non è la più importante in quanto si può, in qualche modo, ricreare il medesimo spirito, servendosi delle peculiarità che la lingua offre, (magari ricorrendo al dialetto o al gergo), nel cogliere lo spirito di un gran numero di battute che sono nella tradizione, nella cultura, nella storia francese (a questo si può anche arrivare) e nella vita di tutti i giorni (e questo è un po' più difficile).

lo credo, insomma, che la maggior difficoltà che si incontra nel rendere in italiano una avventura di Asterix sia la sua esatta comprensione.
E a questo punto la voglia di schiaffeggiare Goscinny passa del tutto.
Passa, perché ci si rende conto che se gli si vuole rendere giustizia, occorre conoscerlo a fondo, e non solo le sue opere, ma il suo mondo, il suo paese, dal nome del capo di stato alle barzellette sui carabinieri [in Francia i soggetti principi delle barzellette sono i Belgi]
Come credete che si dica carabiniere in francese? Forse flic! Maledizione, finisce per consonante… gli darei un pugno sul naso!

Giorgio Corbetta

Da: “Asterix al Cinema”, Vallecchi editore, 1976

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