Asterix di René Goscinny e Albert Uderzo


Intervista ad Albert Uderzo

René Goscinny ci lascia.

Mi ricordo tutto... Avenue des Champs Elysées... 1951... Ho ventiquattro anni. Senza la minima difficoltà’ lascio la mia vecchia auto sul largo marciapiede, che fa anche da parcheggio, davanti al numero 34. Bei tempi! Qui hanno sede due agenzie di stampa belghe i cui uffici occupano in comune tre stanzette dalle finestre che danno su un cortile. L’ambiente è modesto, nonostante il prestigioso indirizzo e le ancora più prestigiose ragioni sociali delle due agenzie: la World Press, gestita da Georges Troisfontaines, e l’International Press, gestita dal suo amico Yvan Cheron il quale si occupa, tra le altre cose, di distribuire i miei lavori dandoli a vari giornali d’oltre Quiévrain [in Belgio, N.d.R.] e più’ raramente Parigi.

Benché libero professionista, su richiesta di Troisfontaines sistemo un mio tavolo da disegno in uno dei tre uffici. Ho la vaga impressione di far parte dell’arredamento, insieme a lui e alla sua segretaria.

”Allegro, presto avrai un collega, arriva un altro fumettaro!”
”Finalmente!”
”Si chiama Gossinì...”
”Ma va? Di origine italiana pure lui?”
”No, veramente... si scrive Goscinny: è francese e arriva direttamente dagli Stati Uniti”
”Fortunato!”

Alcuni giorni dopo vedo il ”fortunato”: non dà per niente la sensazione di esserlo stato nei sette anni difficili trascorsi a New York. È un ragazzo molto riservato, per non dire timido; d’altezza media, piuttosto magro; ha molta cura della sua persona; una zazzera di capelli neri e crespi gli ricopre la fronte alta. Gli occhi sono grandi e ammiccanti; il naso è generoso e raggiungerebbe volentieri il mento prominente se a separarli non ci fosse una bocca dalle labbra sottili; due fossette ridenti caratterizzano infine le sue guance.

È felice, adesso: realizza finalmente una vecchia speranza, quella di vivere definitivamente a Parigi, la Parigi che l’ha visto nascere e che ha dovuto lasciare all’età di due anni per seguire i suoi genitori, dato che suo padre, un chimico, a suo tempo aveva trovato lavoro in Argentina. Conclusione: parla correntemente lo spagnolo, nonché l’inglese per via dei sette anni newyorkesi; e un francese corretto, grazie ai suoi brillanti studi presso le scuole superiori francesi di Buenos Aires.

Nonostante il mio ”pariginese”, ci si capisce al volo, anche perché abbiamo in comune una lingua speciale: il senso dell’umorismo. Dandogli confidenza si scopre un suo inaspettato talento di mimo e soprattutto un originalissimo modo di distorcere con arguta ironia i piccoli avvenimenti della vita quotidiana: ancor oggi, pur avendone condiviso parecchi al suo fianco, non sono del tutto sicuro di esserne stato testimone.

Gli piace primeggiare in pubblico, perché è un tantino megalomane, per sua stessa ammissione. Ma non pretende poi troppo, e il pubblico può anche essere costituito da solo due persone. Allora diventa come i personaggi di Pagnol [regista francese, N.d.R.]: mente per far piacere all’altro. E nel suo caso non è solo una qualità, questa: è una forma d’arte.

Abbozzato velocemente, ecco il ritratto di René Goscinny così come mi si presentò davanti un giorno, circa quarantatré anni fa, senza che nè lui nè io potessimo sospettare che un lungo cammino ci avrebbe condotto in perfetta sintonia verso una meta tanto insperata quanto straordinaria. [Albert Uderzo]

Intervista raccolta e pubblicata nell’albo gigante che celebra il trentacinquesimo anniversario di Asterix, pubblicato in Italia nel gennaio 1996, per i tipi della Arnoldo Mondadori, dalle edizioni Les Editions Albert René, Goscinny-Uderzo, Traduzione di Alba Avesini, Lettering di Giorgio Vaccaro.

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