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The SANDMAN, Master of Dreams
Le divinita' di Gaiman

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Sandman vuole mettere in luce cosa potrebbe essere una esistenza priva di senso, con Dei che definiscono e determinano le forze della natura ed esistenza umane.

Oppure no? Le divinità di Gaiman non sono esattamente dei: essi crescono. Questo non deve sorprendere, poichè Sandman è collegato agli dei più come personalità che come archetipi. Le relazioni di Dream con il resto della sua famiglia assomiglia più ad una famiglia sconclusionata che a qualsiasi altra cosa.

DeathMa quando scopriamo che Dream è stato lontano dai suoi impegni per 72 anni, essendo forzato ad abbandonare il suo ruolo, nasce la questione di cosa siano effettivamente gli Eterni. Dopotutto il mondo ha continuato a sognare e a dormire, anche in sua assenza. Quindi qual'è il ruolo ricoperto da loro?

Possiamo anche prendere l'esempio di Lucifero, il Signore dell'Inferno. Nella saga La Stagione delle Nebbie la stella del Mattino è stanco della sua posizione e abdica, lasciando a Sogno la chiave dell'Inferno. Questo per Gaiman è un rischio abbastanza elevato, nel deviare così tanto dal mito. Se Lucifero scegliesse veramente di abdicare, che senso avrebbe per noi l'Inferno, la dannazione e il diavolo come impersonificazione del male?

Questo modo di giocare con il mito non è originalissimo, ma se è la versione particolare che ne fa Gaiman quella che colpisce maggiormente è perchè egli capisce la fonte della forza del mito. Non dice menzogne interpretando con cavilli la realtà, nè fa una revisione di tale interpretazione. Se deve dire bugie, piuttosto, lo fa nell'immagine stessa, nella visione che si dilunga non come concetto ma come sentimento.

Ma dire che Gaiman semplicemente capisce il mito, sarebbe uno sminuire le sue capacità: egli chiaramente ama qualsiasi storia di qualsiasi genere. Più di ogni altra cosa, Sandman racconta il racconto stesso, cioè il potere dell'immaginare e il potere di poter raccontare tale immaginazione.

Come ricorda Neil: "È stato veramente molto divertente perché mi è stato possibile giocare con tutte le mitologie che si sono successe e con le mitologie che sono nate nel ventesimo secolo. Quindi da una parte c'erano i serial killer, che sono stati assimilati nella mitologia del ventesimo secolo e dall'altra parte ho potuto fare sogno di una notte di mezza estate, oppure vedere cosa sognano i gatti."

Come Gaiman suggerisce, ogni cultura crea i suoi propri miti. Sia nella Grecia antica o nell'America del ventesimo secolo, le storie mitiche di una cultura presentano spesso eroici personaggi le cui vite sono cambiate dai loro dei o da altre forze oltre il loro controllo.
Ecco come Gaiman racconta della sua interpretazione del mito di Orfeo nella famiglia degli Endless:

Destruction then suggests Orpheus get advice from "your aunt” meaning Death. That Destruction doesn't refer to her by name is significant. If you've been reading the series carefully, you may have noticed that none of the Endless call her "Death" and instead typically refer to her as "our sister". The reason is revealed here for the first time, when Destruction mentions that there are three ways to see his older sister. The first way is to die. Alternatively, says Destruction, "You could be born. But you people never remember that particular conversation with her. I don't know why not. You just don't". In other words, the Endless avoid calling their older sister "Death" because doing so would be too restrictive a way of describing her function.
The third way to see his older sister, continues Destruction, is to "go to her house"; and that's where, with the best of intentions, he ends up sending Orpheus. Before the Endless does so, however, he smells a red rose which has proved to be an ominous symbol in this story. And it's by definition perilous to follow a path set by Destruction.
Like Dream, Death tells Orpheus to abandon his quest, but more kindly. Orpheus stubbornly persists, prompting Death to repeat Destruction's observation: "Did anyone ever tell you you're a lot like your father in some ways?" Although she doesn't agree with her nephew, it's Death's practice to let a person choose his or her own course (as demonstrated, for example, in Sandman 20's "Façade"), and so she agrees to grant Orpheus his wish by promising to never take him (thereby making him immortal) and then telling him how to get to the Underworld, which is "where you people go" (meaning it's the afterlife for those who believe in Greek gods).
Orpheus is soon standing before the Underworld's rulers, Hades and Persephone. Because he's a balladeer and, being the offspring of a Muse and the Prince of Stories, an extraordinarily talented one, Orpheus pleads his case by singing of his pain while playing a haunting melody on his lyre. His sad song brings the Underworld to a standstill, causing even the Furies to weep-regarding which Persephone comments, "They will never forgive you for that". Hades finally agrees to let Eurydice go, but only on the condition that Orpheus doesn't turn back to look at her until she's left the Underworld. Orpheus agrees; but after hours of walking, and with daylight just ahead, he becomes convinced that Hades lied to him and swivels around. Eurydice is there as Hades promised; but she's quickly drawn back to the land of the dead.
Losing his wife a second time drives Orpheus temporarily insane; and so when Calliope urges him to flee from the savage Bacchante, who are sisters of the Furies, Orpheus simply bids his mother good-bye and stays put. The Bacchante soon arrive and, in a sexual frenzy, they rip Orpheus apart. (One especially memorable image is of Orpheus's heart being torn out and consumed, which is a gruesome parody of the series' recurring image of a jeweled heart being handed from one person to another; see, for example, page 16 of "The Hunt"). When the Bacchante are done, all that's left of Orpheus is his immortal living head, which is thrown into the river. Echoing the dream that begins this tale, Orpheus then drifts helplessly in the water while calling out the name of his lost love.
The next morning, Orpheus's head washes ashore on an island. A snake similar to the one that killed Eurydice then appears and is about to strike when it's crushed underfoot by the Sandman. His pride still stung, Dream behaves in a startlingly cold manner toward his son, saying, "I have come to say goodbye. It seemed the proper thing to do." He adds that he's arranged for Orpheus to be cared for by priests on the island, but "I will not see you again." Orpheus begins to protest, "But father..." Dream interrupts, "'Father'? Did you not say you were no longer my son?" When Orpheus pleads for death, his father replies, "Your life is your own, Orpheus. Your death, likewise. Always, and forever, your own. Farewell. We shall not meet again." And then Dream walks away and, unlike Orpheus, "never even tried to look back".

Sandman LibraryNella saga La Locanda alla Fine dei Mondi, i viaggiatori si rifugiano da un misterioso uragano in una taverna, per trovarsi assieme ad altre persone provenienti da tempi e mondi differenti, sorprese a loro volta dalla burrasca. Per passare il tempo, in attesa che si plachi la furia degli elementi, si raccontano avventure sul magico mondo di Faerie, incontri con serpenti marini e lezioni pratiche di funerali nella città dei morti.

Già le storie di per sè sono notevoli, ma Gaiman le lega assieme concentrandosi sul modo di raccontare. Nella Locanda alla Fine dei Mondi c'è un cuore, un tavolo e un boccale di birra per ciascuno e ogni viaggiatore può lasciare il posto arricchito e rischiarato, in qualche modo, anche impercettibilmente, dai racconti che ha ascoltato da stranieri. Quante volte ciascuno di noi ha avuto e provato le stesse sensazioni?

E' l'amore per la storia che porta alla conclusione dell'intero arco narrativo di Sandman con "La Tempesta", che mostra gli sforzi di Shakespeare di scrivere la sua ultima opera. Sogno fornisce al regista/attore il talento, chiedendo come ricompensa la scrittura di due opere. La prima, "Sogno di una Notte di Mezza Estate" è un regalo per il popolo di Faerie. La seconda, "La Tempesta" appunto, nella quale il duca Prospero riesce a scappare dall'isola in esilio attraverso un misto di destino e magia, è per Dream stesso.

La relazione creativa e quasi simbiotica fra Morpheus e Shakespeare è ambigua, e sottolinea il fatto che anche gli scrittori sono dei maghi, un pensiero questo già ricordato nella Tempesta stessa: "Queste nostre azioni, come ti dissi un tempo, sono tutte spiriti, e sono mescolate nell'aria, nella sottile aria...". Per altri approfondimenti sul tema, suggerisco la lettura di questa pagina.

Uno dei punti costanti di questo fumettoè la continua crescita dei personaggi, senza fine. Nel numero 74, "Esilio" Daniel commenta: "Gli strumenti, certamente, possono essere le più sottili delle trappole. So bene che un giorno dovrò distruggere lo smeraldo... ma quel giorno può aspettare."
Da un lato Daniel sta dicendo che alla fine egli stesso distruggerà la pietra verde del sogno che custodisce una grossa fetta del suo potere, proprio come nel numero 7 Sandman ha dovuto rompere il rubino per rilasciare la sua potenza e recuperare tutte le sue forze. Da un altro punto di vista, invece, il commento di Daniel può essere letto come una sorta di profezia che un giorno anch'egli dovrà abbandonare tutto ciò che lo lega ad un piano di esistenza fisica e che dovrà distruggere la sua vita, abbandonare la sua forma e andare avanti, oltre.. Quando quel giorno arriverà, non sarà una tragedia, come fanno notare i cavalieri romani erranti nella stessa storia: "Omnia mutantu, nihil interit".

Il che lascia però aperta la questione: Chi è Sandman?
Da un certo punto di vista si può dire che era uno stakanovista totalmente a suo agio nel compere il proprio dovere, ma che si dimostra totalmente incapace quando ha a che fare con le persone al di fuori della sua specifica funzione.
Ma possiamo anche considerarlo come un adulto cristalizzato, che ha dimenticato le meraviglie della fanciullezza, che è diventato così eccessivamente convenzionale che ha perso il senso dello scherzo e dell'ironia, all'opposto di Delirio. Come mostrato in Vite Brevi nessuno degli estremi rappresentato da queste due entità rappresenta un modo pratico di vivere, ma Delirio ha la saggezza di provare a cercare di comunicare grazie ad una sorta di equilibrio, prima tramite Distruzione e poi grazie a Barnaba. Nonostante diverse opportunità di fare lo stesso, Sandman sceglie inevitabilmente di stare da solo e fallisce.
E ancora, poichè il regno del Sogno era una parte di lui, Morfeo vive letteralmente nelle sue proprie fantasie, che lo rende una sorta di metafora dell'artista. Il pericolo di spendere così tanto tempo nella propria testa è dimostrato da uno dei personaggi più analoghi a lui,William Shakespeare, che ha scritto pezzi teatrali destinati ad essere immortali ma che fu così ossessionato da questo risultato che sacrificò il suo rapporto con la moglie e i suoi figli, culminato con la morte di suo figlio Harnnet.
Da un altro punto di vista ancora, Sandman può essere visto come la rappresentazione delle nostre vecchie concezioni di divinità quali portatrici di regole, vendicatrici e richiedenti continua adorazione. Guardato sotto questo aspetto la sua abdicazione del ruolo di Sogno verso un essere umano in carne ed ossa è un riconoscimento che il suo potere ha origini da noi e che deve rimanere collegato alla sua fonte.
Esattamente come un sogno vero e proprio l'identità e il significato di Sandman dipende dalla propria personale lettura che ognuno di noi fa di lui.
Non va dimenticato che la differenza fra Daniel e Drem è molto profonda. Se si legge la serie in ordine cronologico, iniziando quindi con "Racconti nella Sabbia" in Casa di Bambole, poi "La Canzone di Orfeo" in Favole e Riflessi, e così via andando avanti nel tempo, diventa dolorosamente chiaro quanto inizialmente fosse borioso, pieno di sè ed irritante. I suoi 72 anni di imprigionamento lo cambiano moltissimo, molto di più di quanto egli abbia mai capito, diventa quasi un'entità diversa quando esce dalla gabbia di Burgess.

"La Tempesta", il 75esimo e ultimo numero della serie, è un ultimo sguardo a Morfeo come Re dei Sogni, guidato dalle storie, composto di storie e legato alle storie. Vicino alla fine, egli dice a Shakespeare: "Io sono il principe delle Storie, Will, ma non ho una storia mia. Nè l'avrò mai". Se mi è permesso, credo che qui Dream si sbagliasse, in quanto Gaiman è riuscito a regalarci la magia del fascino di un tale personaggio. Gaiman stesso ci ricorda quasi alla fine del ciclo, che un buon racconto non smette mai di avere importanza, non smette mai di valere la pena di raccontarlo. I prìncipi possono morire, ma essi vivranno sempre nelle loro storie. Esempio questo mirabilmente illustrato (in tutti i sensi) nella storia "Ramadan".

Gaiman stesso ne parla in un'intervista rilasciata a Roger A. Ash, di cui riporto qui una parte.

Westfield: What can you tell us about Sandman #75?
Gaiman: Sandman #75 is the last one. It's The Tempest. It's being drawn by Charles Vess. Midsummer Night's Dream, Sandman #19, was the story of a performance of Midsummer Night's Dream. This is the story about the act of writing The Tempest, which was the second of the plays that Shakespeare wrote for Sandman.
Westfield: Many folks will probably see this as a sequel to Midsummer Night's Dream. Since that story was so well accepted, do you feel any pressure to live up to that issue?
Gaiman: Oh yes. Actually, it's quite terrifying. The only way I can write it is to forget that. I mean, there was this issue that went out and won every award known to man or beast. One of the ways that makes it easier to do it is that it's not the second in a series, it's the third in a series. The first, of course, was Hob Gadling's Men of Good Fortune, in which the Shakespeare/Sandman deal was struck for two plays. So I was under the obligation to turn out both of them. The other thing, oddly enough, that makes it even scarier for me, is that I always figured The Tempest would be the last of all the Sandman stories, and I've known that since Sandman #12. I always thought it would be interesting, especially viewed as a metaphor for the act of writing and the act of finishing. When Shakespeare finished The Tempest, he stopped. He'd written his plays, he went off to be a quiet country burgher, it was like he'd discharged his obligation to the stories. At the time, it seemed like a nice metaphor.
Of course, now, here am I, at the age of 34, trying to write a story about a rather older Shakespeare at the end of his time. There is a level on which this is going to be read as what it's like to write and finish Sandman. And I'm going, on that level, I'm standing up there comparing myself to Shakespeare. I mean, he wrote many of the greatest plays in the English language, and I've written an above average comic series. On that basis, it's kind of an embarrassing comparison. [laughter]
No, I'm not saying I'm as good as him. No, I'm not saying that. I'm saying there are things that all authors, by definition, must have in common.
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