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Johji Manabe è nato nel dicembre 1964. A soli vent'anni, ancora studente di design e indirizzato a divenire un animatore, viene scelto dai lettori della rivista Comicomi, cui aveva inviato una storia di poche pagine per un concorso. Il successo è alle porte. Dopo alcuni altri racconti brevi (dei quali il più conosciuto è sicuramente Love Syncroid), avviene presto l'esordio fulminante di una serie interamente sua, la celeberrima Outlanders (id., 1984, pubblicato dalla Granata Press su Mangazine Speciale nn.1-12; lunghezza originale: 8 tankobon), ossia il fumetto che lo consegnerà al successo mondiale.
A seguito del travolgente consenso ottenuto dalla sua opera prima, Manabe si trasferisce a Tokyo, dove fonda il suo Studio Katsudon, attraverso il quale deterrà i diritti di tutte le sue opere, e comincia a sfornare un'ampia sequenza di storie caratterizzate da stile e ambientazione tra loro molto coerenti. Ad Outlanders seguiranno:

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  • Caravan Kidd (id., 1992, pubblicato dalla Comic Art su Collection nn.1-10; lunghezza originale: 5 tankobon): sullo sfondo del variopinto scenario galattico tipico di Manabe, seguiamo le disavventure di Mian Toris, formidabile e impetuosa guerriera che cela più di un mistero, durante il suo viaggio verso la capitale dell'Impero di turno accompagnata dagli sbandati Wataru (che finirà per innamorarsene) e Babo (un Akogi, creaturine dedite al commercio come ideale di vita), suoi servitori forzati e "animaletti domestici". Non all'altezza del suo predecessore e a tratti sfocata e sconnessa, rimane comunque un'operina godibile.
  • Drakuun (id., 1988, serializzato in parte dalla Planet Manga sui nn.0-9 della rivista Man-ga!, ora in via di conclusione sulla nuova incarnazione ribattezzata Manga!; lunghezza originale: 1 tankobon).

Inoltre, gli inediti in Italia Capricorn (lunghezza originale: 5 tankobon, pubblicato in volume dalla Wing Comics), storia dalle venature fantasy in cui il triangolo di protagonisti (una beautiful girl aliena e due liceali giapponesi) si divide tra la Terra e il pianeta del titolo, finito in "risonanza dimensionale", tra mirabolanti trasformazioni in draghi e scenari evocativi, Dora (lunghezza originale: 1 tankobon, pubblicato in volume dalla Wing Comics), Junker e soprattutto Rai che, ancora in corso di pubblicazione in Giappone, con 15 tankobon all'attivo è già diventata la serie più lunga della carriera di Manabe.

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Spesso Manabe o i suoi assistenti (Masahiko Yamashita e Hiroyuki Hirayama) hanno realizzato brevi storie collaterali legate alla saga principale di questo o quel manga, come nel caso degli episodi apparsi anche in Italia a corollario di Outlanders e Caravan Kidd. Ancor più spesso gli autori dello Studio Katsudon (e soprattutto Yamashita) si sono cimentati nei caratteristici "meta-fumetti", piccole strisce umoristiche molto popolari trai mangaka (ottime per sfogare lo stress da superlavoro e creare un rapporto più stretto e meno impersonale con il pubblico), e la loro tipica icona caricaturale è comparsa persino tra le vignette più affollate di qualche storia, magari seduta al tavolo di un tipico saloon galattico...

Delle opere di Manabe sono state realizzate alcune trasposizioni animate: 1 OAV è stato tratto sia da Outlanders che da Capricorn (rispettivamente di 50 e 45 minuti, fattore che ne sacrifica notevolmente la forza narrativa), mentre il più vasto corposo Rai ha generato una serie TV.

Lo stile manabiano è chiaro ed evidente a chiunque abbia letto anche solo qualche episodio di un suo fumetto. Eppure, questa grande fedeltà a temi e situazioni, che potrebbe essere letta come un limite, un pericoloso scadere nella ripetizione e nella mancanza di idee, non si risolve in questo. L'universo di Manabe è una costante caotica, e contiene tutto quello di cui autore e lettore hanno bisogno, e molto di più.

All'inizio di Outlanders, sua prima esperienza editoriale, le indicazioni dall'alto dei suoi publisher stavano generando una storia molto più tipica di come si è poi evoluta: una sorta di invasione spaziale nagaiana con terribili devastazioni e umanità ammutolita come in Devilman, resa però, oltre che con un appeal grafico notevolissimo per quanto concerneva le astronavi organiche, con una caratterizzazione dei personaggi proveniente dritta dritta dalle pagine della Takahashi.
Seppure già una tale commistione, destinata a recuperare unificandoli moltissimi topoi grafici e narrativi della tradizione manga, prometteva esplosivi esiti, Manabe non si è limitato a questo. Dopo aver acquisito maggior padronanza dei suoi mezzi espressivi e aver raggiunto piena consapevolezza del suo obiettivo (Outlanders dimostra grande compattezza narrativa, quasi fosse stato preventivamente progettato a tavolino in ogni dettaglio del suo svolgimento complessivo), Manabe travalica queste pur interessanti premesse per creare un suo mondo avventuroso e tragico, sorprendente e meraviglioso, comico e intenso.

E, naturalmente, strabordante di ispirazioni dai suoi miti personali. Se, certamente, Manabe deve aver letto tutte le creazioni di Rumiko Takahashi fino ad allora edite (e Lamù/Urusei Yatsura in particolare), la sua immensa ammirazione riversata nelle sue opere va innanzitutto alla leggendaria Trilogia di Guerre Stellari di George Lucas, che in quegli anni era appena giunta a conclusione. Innumerevoli sono gli elementi di ispirazione rintracciabili: L'Impero malvagio (anche se in fondo analizzato in maniera meno manichea rispetto a quanto proposto da Lucas: lo stesso Quevas deve confrontarsi con problematiche inedite, quali il conflitto tra ragion di stato e sentimenti paterni; e non ne esce in maniera così terribilmente univoca), le truppe da assalto, le divise in stile World War II, drakuun.gif (11891 byte) i mezzi da guerra più potenti di ogni immaginazione (come una "certa" stazione spaziale orbitante delle dimensioni di un luna…), i pianeti che esplodono, gli avventurieri spaziali, gli eroismi compiuti con il cuore in mano e il sorriso sulle labbra, e soprattutto i folkloristici e coloriti alieni che formano un crogiolo di razze scorrazzante per ogni dove ...
E ancora, di provenienza diversa, convincenti astronavi tecnorganiche e sconcertanti mezzi biomeccanici, derivati al contrario (oltre che dalla sua passione per i modellini di ogni tipo, che colleziona avidamente) da una rielaborazione di un altro grande nume del design fantascientifico degli ultimi decenni: lo svizzero dall'inquietante e perversa fantasia H.R. Giger.

Ma il fulcro di tutto il costrutto immaginario di Manabe, al di là della sua perizia grafica ammirevole e in continua evoluzione (il suo mecha dettagliatissimo quanto suggestivo è trai migliori che possiate incontrare in un manga), sono i suoi straordinari protagonisti. A partire, naturalmente, dall'immancabile e fondamentale "beautiful girl" ("with sword", come Kahm, Mian o Karula di Drakuun, o "swordless" come Dora o Mohna di Capricorn), l'eroina sexy e prorompente spesso dotata di qualche esotica ma stuzzicante caratteristica, come un paio di involute corna e/o una fluente coda di volpe, e che in sé racchiude tanto un fan service ammiccante, spontaneo e divertito (che in nessun modo risulta ingombrante), quanto l'estremizzazione dell'inversione di ruoli tipica degli shonen anni '80: il protagonista maschile, di norma imbranato ma dal cuore puro, soggiogato dalla forza travolgente del suo oggetto del desiderio, riuscirà ad avvicinarla insegnandole il potere dei sentimenti. La donna forte tratteggiata da Manabe assurge al suo ruolo di eroina simbolo di una nuova dimensione esistenziale nel momento in cui impara ad amare.
E i protagonisti non sono gli unici a godere di una caratterizzazione a tutto tondo che va ben oltre alla loro stereotipa rappresentazione di base: l'intero cosmo manabiano, con le sue spesso intricate sottotrame parallele alla vicenda principale, è costellato di personaggi più o meno secondari, spesso leggeri e apparentemente spensierati, ma capaci di trasmettere una fortissima carica emotiva che, nei momenti di maggior pathos, fuoriesce dalla pagina per investire in pieno il lettore.

Johji Manabe in breve: un mangaka che è stato capace di riunire tanti stili a formarne uno personale, unico e nuovo, trascendendo tutte le ispirazioni. Un uomo che ha saputo rendere tangibili e visibili i suoi sogni.


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